Il 27 Gennaio si celebra la memoria di quella grande tragedia del '900 originata dalla deportazione che stroncò la vita, innanzitutto nei campi di sterminio, non solo a uomini e donne di fede ebraica ma anche a tantissimi civili, militari, anziani, bambini, omosessuali e zingari, atei o di altre fedi. Ricordiamo dunque l'orrore, la barbarie. Il 'diverso' per razza, colore, fede religiosa, stile di vita, fu assunto come metafora di tutto ciò che si opponeva, nella cultura, nell'economia, nella vita civile e nella stessa comunità internazionale, al raggiungimento, con lo stesso ricorso alla guerra mondiale, del dominio economico, militare e culturale sul mondo da parte del nazismo coadiuvato dal fascismo italiano e da quelli europei. Al perseguimento e al dispiegarsi della barbarie, Hitler e Mussolini hanno legato il loro nome così come all'azione nefasta del nazifascismo. Ciò a smentire ancora una volta l'insulsa storiella, negata dalla verità storica, di un fascismo italiano buono, rilanciata in questi anni in Italia sull'onda di un vergognoso revisionismo e smentita dalle leggi razziali, dallo stragismo e dalla guerra ai civili di cui fu artefice il fascismo. Dunque di memoria c'è bisogno non solo per un giorno bensì sempre, in ogni tempo momento e luogo per onorare tutte le vittime oltre che per informare, documentare ed educare cittadini e nuove generazioni affinché dal ricordo scaturisca netto e perentorio un monito contro il ripetersi di una barbarie che segnò la più immane e dolorosa sconfitta della civiltà umana. Oggi ancor più del passato ha ragion d'essere la preoccupazione per il fatto che quel passato angoscioso possa pendere minaccioso sul nostro futuro. Questa purtroppo è già la realtà dell'Ungheria: nazione di grandi tradizioni civili, antifasciste e democratiche e di tante eccellenze nella cultura e nell'arte. E c'è da dolersi della indifferenza con la quale la democrazia europea e la stessa Ue, di cui l'Ungheria fa parte, hanno assistito a tutto ciò che a Budapest è avvenuto e sta avvenendo. Ma anche nel resto d'Europa, Italia inclusa, da anni conviviamo con una realtà inquietante fatta di gruppi culturali, circoli, movimenti e anche partiti politici, alle volte con esiti elettorali inquietanti, che per ispirazione, finalità dichiarate e per la loro pratica di azione ai margini quando non fuori dalla legge e dai dettati costituzionali, ricorre anche alla violenza, portando avanti l'apologia del nazismo e del fascismo o facendosi portavoci del negazionismo. E non può non colpire che questo campo di forze sembri unificarsi ancora una volta contro il diverso. Innanzitutto l'immigrato quando non anche il rom, lo zingaro, l'omosessuale. Esasperando allo scopo paure e disagio sociale provocati da una crisi che colpisce i ceti più deboli. La consapevolezza della minaccia e la fiducia di poterla contrastare e vincere, vanno tenuti insieme nel pensiero e nell'azione quotidiana di ogni democratico e di ogni antifascista, battendosi affinché entrino in campo in questa battaglia culturale e politica cruciale, forze politiche, sociali e culturali, aree sempre più ampie della società ed innanzitutto le istituzioni nazionali ed europee. E ciò con la pratica di un dialogo continuo con le nuove generazioni, decisivo perchè prendano parte da protagonisti, come nel passato, per garantire alla libertà, alla democrazia, alla dignità di ogni essere umano un futuro. È questa la necessità che l'Anpi pone al centro delle sue politiche e che propone, per una battaglia comune, a tutti i democratici che operano nella politica, nelle istituzioni oltre che nella vita sociale e culturale del Paese ed in Europa.
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