Il carbone e il petrolio piacciono al Ministro Passera

Il carbone e il petrolio piacciono al Ministro Passera

Creato: Sat, 21/07/2012 - 23:28
Il carbone e il petrolio piacciono al Ministro Passera

di Maria Maranò, dirigente di Legambiente

Le multinazionali energetiche a cominciare da Enel ed Eni alzano la voce, preoccupate per i loro lauti profitti. Il ministro allo sviluppo economico Passera risponde prontamente secondo i loro desiderata. A marzo scorso, il presidente dell’Enel lancia un grido d’allarme «Lo sviluppo delle rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in esercizio». Una prova evidente del fatto che all’Italia non servono altri grandi insediamenti energetici, nucleari o fossili che siano, per soddisfare la domanda. E così, invece d’iniziare a smantellare le centrali più vecchie e inquinanti, succede che si penalizza l’eccezionale sviluppo della produzione diffusa di energia rinnovabile (vedi il decreto sul quinto conto energia) e si rilanciano carbone e trivellazioni in mare alla ricerca di idrocarburi.

Il carbone sul mercato internazionale costa meno del gas, anche grazie alle condizioni di sfruttamento dei minatori, ma comporta un aumento dei costi in termini d’inquinamento, di danno alla salute, di cambiamenti climatici. Un affare per pochi e costi e danni per la collettività. L’accelerata degli ultimi mesi sta determinando una politica energetica sbagliata e antistorica.

Il 15 marzo il ministro Passera firma il decreto che autorizza l’ampliamento della centrale Tirreno Power di Vado Ligure (SV) con un nuovo gruppo da 460 MW. I vecchi gruppi continueranno a funzionare senza le autorizzazioni previste dalle leggi italiane ed europee. Già oggi i dati sulla salute della popolazione sono allarmanti.

Il 15 giugno con un Decreto della Presidenza del Consiglio si concede alla multinazionale S.E.I. S.p.A l’autorizzazione ambientale per la costruzione di una nuova centrale a carbone da 1300 MW a Saline Joniche (RC), nonostante in premessa vengano elencate numerose e gravi inadempienze. A rischio anche l’economia locale del bergamotto.

Il 20 giugno, grazie a una modifica di legge regionale ad aziendam (Enel), la sentenza del Consiglio di Stato autorizza il prosieguo dell’iter autorizzativo per la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, nel parco del Delta del Po, per 1980 MW. Un’operazione che riverserà nella già inquinata pianura padana, emissioni annue di ossidi di zolfo pari a 2,3 volte quelle dell'intero settore trasporti in Italia ed emissioni annue di CO2 pari a oltre 4 volte quelle di Milano. Ma non c’è solo il carbone. Nel decreto sviluppo si fanno salvi tutti i procedimenti di concessione in materia di idrocarburi off-shore bloccati nel 2010 a seguito del disastro nel Golfo del Messico. Dai mari italiani sarebbero recuperabili 11 milioni di tonnellate di petrolio, che tradotte in consumi sarebbero sufficienti solo a garantire circa 50 giorni di autonomia. Scelte che oltre a fare male alla salute, al clima, all’ambiente sono anche irrazionali da un punto di vista economico. Chiaramente per l’economia di tutti e non per quella di pochi.

18.07.2012 - www.arci.it