Martedì 24 gennaio al Pier Lombardo di Milano è andato in scena lo spettacolo di Romeo Castellucci "Sul concetto di volto nel figlio di Dio". Dopo aver girato i palcoscenici europei senza eccessive proteste, a Milano ha fatto nascere una girandola infuocata di polemiche con toni e giudizi diversi. Riportiamo, dalla lettera aperta scritta da Castellucci sul sito del teatro, alcuni brani: «Questo spettacolo nasce come un getto diretto delle e dalle Sacre Scritture. La Teodicea del Libro di Giobbe..i Vangeli. L'azione teatrale vuole essere una riflessione sulla difficoltà del 4° comandamento... Crede in questo comandamento e fino in fondo il figlio sopporta quella che sembra essere l'unica eredità del proprio padre.. gli escrementi di cui si sporca il vecchio padre incontinente non sono altro che la metafora del martirio umano come condizione ultima e reale». A questa lettera risponde con intelligenza dolorante Antonio Socci su Libero del 20 gennaio: «Visto il tono personale e appassionato della sua lettera, le scrivo non come giornalista o scrittore cattolico..ma anzitutto come padre di Caterina, inchiodata, nel fiore della sua giovinezza, su una croce terribile e più insopportabile della vecchiaia. Ogni giorno e ogni notte io ripeto il grido drammatico e struggente che anche lei, nella sua opera, lancia al Salvatore. E ogni giorno io mi sorprendo a scoprire nel volto luminoso e bellissimo di mia figlia la risposta viva del Salvatore, l'aurora di un giorno di felicità. Quello che ci sta accadendo - pur nel dolore - meraviglia me per primo. Non è un assioma ideologico quello che vorrei testimoniarle ma è un miracolo, fatto di carne, di occhi, di dolcezza (anche di pianti), che si rinnova ogni mattina. .. Alla fine infatti 'la tela del dipinto si lacera' e appare una scritta di luce: 'Tu sei il mio pastore'. Ma ecco che si può intravedere un'altra piccola parola che si insinua tra le altre: Tu 'non' sei il mio pastore. La frase di Davide si trasforma così per un attimo nel dubbio. Tu sei o non sei il mio Pastore? E questa è preghiera. Significa: Signore, sono disperato, salvami». (Antonio Socci, Libero 20 gennaio 2012). A questo dialogo di grande intensità umana e religiosa si contrappone la protesta di gruppi cattolici conservatori di varia origine - Militia Christi, Comitato San Carlo, Riscossa Cristiana - che minacciano blocchi alla prima dello spettacolo, e il teologo Giovanni Cavalcoli del convento di San Domenico di Bologna alla cui denuncia e richiesta di intervento risponde Monsignor Wells della Segreteria di Stato Vaticana: «Incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi Pastori». E poi Padre Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana: «che sia riconosciuta e rispettata la sensibilità di quanti cittadini milanesi vedono nel Volto di Cristo l'Incarnazione di Dio, la pienezza dell'umano e la ragione della propria esistenza» ed ancora «la preghiera per manifestare il proprio dissenso non può accompagnarsi a eccessi di qualunque tipo, anche solo verbali».
In verità, rispetto alla minacce e all'enfasi dei diversi gruppi, una risposta dovuta ma senza toni eccessivi e sostanzialmente non adeguata alle richieste di crociata. Il Comune di Milano con l'assessore Stefano Boeri appoggia la scelta del teatro di portare a Milano una compagnia e uno spettacolo noto in tutto il mondo.
Noi laici per scelta e formazione ci avviciniamo con grande rispetto, quasi con tremore a quello per molti di noi sconosciuto ma profondo ed intimo sentimento rappresentato dalla fede che attraversa gli ambiti più sensibili della persona credente di tutte le religioni, ne illumina la vita privata e quella pubblica in una grammatica complessa di gesti, di scelte, di inquietudini e di interrogativi verso il bene personale e collettivo. In questo complesso laboratorio che è la nostra società attuale con le crisi economiche e sociali, le epocali migrazioni e mischiamenti, i radicalismi estremi che fomentano violenza, guerre, morte e ignoranza e nel contempo l'azione paziente, solidale e instancabile di tanti che caparbiamente operano per germinare nuove speranze e nuove frontiere di libertà e di giustizia, è importante che venga sempre riconosciuta e garantita la dignità della ricerca umana, intellettuale ed artistica e la libertà che la deve sempre accompagnare nei suoi percorsi, il rispetto dei diritti collegati alla persona e alle sue molteplici espressioni, il riconoscimento della sua maturità e della sua capacità di scelta e di giudizio. Per questo non possiamo che provare preoccupazione per le iniziative che da più parti ed in più luoghi (Milano, Casa Pound, strage di Firenze…) si stanno accendendo in tante parti d'Italia e che attizzano conflitti verso i luoghi, le idee, le persone e le opere che sono segnali della nuova società per la quale lavoriamo.
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